«Canterò per sempre l’amore del Signore» – IV Domenica di Avvento

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Il tempo dell’attesa si è fatto brevissimo e già la notte santa è vicina. Celebriamo oggi la IV ed ultima Domenica di Avvento e la liturgia della Parola ci invita con dolcezza ad entrare nel cuore dell’attesa. Un’ immagine si staglia vivida tra le righe delle pagine proclamate: una casa. La prima è quella di Davide, una reggia sontuosa impreziosita da pregiate e profumate tavole di cedro. Il sovrano è angosciato dal desiderio di voler edificare una dimora stabile al Dio dell’Alleanza, la cui arca ancora soggiorna sotto una debole tenda, ma non si accorge che il Dio Altissimo non può, ne tantomeno vuole, essere sequestrato dagli spazi angusti di un Tempio. Al palazzo regale del figlio di Iesse sembra far da controparte la ruvida e malconcia casetta di Maria, situata in uno sconosciuto villaggio tra le sperdute colline di Galilea, Nazareth, periferia dimenticata della regione dei gentili. Ma è proprio in questa cornice inaccettabile per l’etichetta di un sovrano che la Buona Notizia irrompe nella storia. È nello spazio vuoto carico di attesa che il Signore riesce a entrare. Dove l’uomo ritiene di dover essere lui a provvedere a Dio invece che il contrario, e così facendo si mette al posto del Creatore, non permette al Signore di visitare la sua vita e di colmarla con la gratuità della sua tenerezza. Questa è la tentazione di Davide, mascherata di buone intenzioni, ma preceduta dalla bontà di Dio che, per mezzo del profeta Natan, rivela al giovane re il suo inaudito progetto, quello di rendere stabile il suo trono per sempre suscitando dalla sua discendenza un sovrano divino. È Il Signore stesso a provvedere a Davide una casa. Nel cuore di Maria albergano tante attese, la sua fantasia vola alto sognando l’imminente matrimonio con Giuseppe, come ogni giovane sposa freme per i preparativi della festa di nozze. Ma in tutto questo il palpito orante del suo cuore non rallenta il ritmo, e l’attesa del Messia riempie di senso tutti i suoi sogni. C’è una Buona Notizia che ci viene consegnata tra le tinte chiare e calde di questo quadro; Dio non cerca i nostri meriti e non aspetta la nostra risposta positiva all’offerta della sua Grazia perché questa è un dono gratuito, libero e liberante. Con ciò risuona per noi un invito forte, quello di abbandonare i nostri maldestri tentativi di rinchiudere il Creatore nelle nostre pretese di possesso e di forgiare a nostro uso e consumo la sua volontà. Egli per primo viene incontro ad ogni uomo passando per la via della fragilità al fine di mostrarci fin dove è capace di spingersi il suo amore. Il Signore precede il nostro desiderio di vita piena e cerca con ogni delicatezza di farsi notare tra le pieghe della nostra vita distratta. Egli viene nella piccolezza a riempirci della sua grandezza, per renderci partecipi della sua divinità. Viene in punta di piedi tra le sue creature a condividere dolori e angosce, gioie e speranze ed essere il consolatore e il datore di gioia, l’Emmanuele, colui che ha piantato la sua tenda in questa nostra storia.

don Fabrizio Meloni
Assistente Diocesano ACR