1. «Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per Maria i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito. lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,6-7).
Il mistero del Natale – e, segnatamente, l’esperienza fatta da Maria quando ha dato alla luce il figlio Gesù – infondono sentimenti dalla forte carica affettiva. Come non rimanere ammirati di fronte ad un evento così straordinariamente soprannaturale e allo stesso tempo umanissimo, accaduto nel silenzio, in disparte, nel nascondimento! Accaduto – come insegnano la spiritualità, l’arte sacra, l’omiletica – in una situazione segnata dall’umiltà e dalla povertà. Come non rimanere ammirati di fronte alla narrazione lucana che fa risaltare, con una fraseologia tanto semplice quanto incisiva, l’amore e la tenerezza della madre, la quale ha provveduto a tutto il necessario. Con cura e delicatezza veste il figlio appena nato avvolgendolo in fasce e poi lo adagia in una culla di fortuna. Una «mangiatoia», dice il testo: una parola che fa pensare comunque ad un luogo caldo, accogliente, riparato.
Stringendo a sé il suo Bambino, Maria lo avrà guardato intensamente, con tutto l’amore che le pulsava nel cuore. Si sono riconosciuti all’istante. Ne avrà accarezzato il viso e tutto il corpo. Poi avrà sussurrato, dolcemente, il suo nome: «Gesù». E ne avrà goduto la bellezza! La bellezza di Gesù porta in sé anche i tratti umani della bellezza della madre, «tota pulchra/tutta bella».
Lei cosa avrà pensato? «Gesù», il mio Bambino…! Lei, la madre del Messia atteso dal popolo di Israele. Proprio lei, l’umile serva del Signore; giovane, sconosciuta donna di Nazaret, con accanto lo sposo Giuseppe. Amata e scelta da sempre da Dio, nota agli occhi di Dio. Ora guardata e toccata da quel neonato che è l’Emmanuele, «Dio con noi» (Mt 2,23).
Dopo un po’, come avviene normalmente, Maria ha allattato Gesù, nutrendolo con il suo latte e con le sue carezze. Quale gioia, quale nuova sensazione affettiva, quale stupore sorretto dalla fede avranno invaso e colmato il cuore, la mente, la corporeità e tutta la persona di Maria – compreso il suo rapporto con lo sposo Giuseppe – dopo aver dato alla luce Gesù e dopo aver cominciato a prendersi cura di lui, a nutrirlo, a stringerlo tra le braccia, a riempirlo di baci e di tenerezza, a parlargli, a sorridergli!
Come avrà gioito accanto a lei e insieme a lei lo sposo Giuseppe!
Come non ripensare a quella donna anonima, esperta in maternità, la quale, un giorno, mentre Gesù stava parlando, «alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”» (Lc 11,27). Anche noi ripetiamo le sue parole esultanti di gioia. «Signore Gesù, beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Quella donna ebrea, esperta in maternità, ci invita ad ammirare le tante opere pittoriche che raffigurano Maria mentre allatta il Bambino Gesù. «O Donna gloriosa, alta sopra le stelle, tu nutri sul tuo seno il Dio che ti ha creato» (Inno delle Lodi Mattutine – Comune della beata Vergine Maria).
2. I pastori che stavano vegliando il gregge pernottando all’aperto, vengono avvolti di luce dalla gloria del Signore e ricevono da un angelo l’annuncio apportatore di una grande gioia: «“Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”» (Lc 2,11). Con la prima parte di questa riflessione ci siamo già recati a Betlemme per contemplare il «segno» indicato dall’angelo: «“Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”» (Lc 2,12). Lo abbiamo fatto meditando sulla maternità divina della beata Vergine Maria. Ora torniamo a Betlemme, insieme ai pastori, per condividerne l’esperienza e trarne ulteriori insegnamenti per la nostra vita. Vi torniamo portando nel cuore le risonanze della lode elevata a Dio dalla schiera degli angeli: «“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama”» (Lc 2,14).
I pastori intendono rendersi conto dell’avvenimento loro annunciato, non per verificarne la veridicità, ma per accogliere la grazia di cui sono i primi destinatari per volere di Dio: «“Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”» (Lc 2,15). «Vediamo questo avvenimento». «Andiamo fino a Betlemme per vedere quel che è accaduto». L’avvenimento, grazie all’annuncio recato dall’angelo, è già conosciuto nel suo significato storico/salvifico. Dio lo ha rivelato: la sua parola e l’avvenimento da lui realizzato sono intimamente connessi. I pastori sanno cosa vanno a vedere, di cosa si tratta. Vanno a vedere l’avvenimento, celato nel segno, ma, nello stesso tempo, svelato dal segno, il cui carattere è facilmente individuabile sulla base delle due indicazioni: il luogo della nascita e la postura del bambino. Il luogo, «la città di Davide», conferma la dignità messianica del Salvatore, perché attesta il compimento della profezia di Michea (Mi 5,1). La postura del bambino: l’essere adagiato in una mangiatoia . La postura del bambino e il luogo, la mangiatoia, sono menzionati per ben tre volte: quando Maria lo dà alla luce (Lc 2,7), quando l’angelo reca l’annuncio ai pastori (Lc 2,12) e quando i pastori vanno a Betlemme. Queste tre menzioni fanno risaltare la forza probante del segno.
«Andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro» (Lc 2,16-17). Hanno visto il bambino e, insieme, l’avvenimento che l’angelo aveva loro annunciato. Ne parlano: «Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori» (Lc 2,18). Anche Maria, la quale «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19), e Giuseppe. Ma «tutti «gli altri» chi sono? Emerge a questo punto il ruolo di annunciatori attribuito da Luca ai pastori. Chi sono, allora, i pastori nell’intenzione dell’evangelista? Quali figure ecclesiali rappresentano? Una risposta plausibile è la seguente: «nel loro modo di “notificare” essi assomigliano ai pastori della Chiesa che presentano e insegnano con autorevolezza quanto hanno loro stessi ricevuto dall’alto» (E. Manicardi, «Lo pose in una mangiatoia». Il racconto lucano dell’infanzia di Gesù, EDB, Bologna 2019, p. 215)
I pastori, poi, «se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro» (Lc 2,20). La lode a Dio risuona nelle parole di uno dei prefazi del tempo di Natale: «Nel mistero adorabile del Natale egli, Verbo invisibile, apparve visibilmente nella nostra carne, per assumere in sé tutto il creato e sollevarlo dalla sua caduta. Generato prima dei secoli, cominciò a esistere nel tempo, per reintegrare l’universo nel tuo disegno, o Padre, e ricondurre a te l’umanità dispersa»
A voi, a tutti i componenti dell’Azione Cattolica diocesana e alle vostre famiglie i migliori auguri di Buon Natale!
Padre Vincenzo Battaglia
Assistente Unitario e del Settore Adulti
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