Cari fratelli e care sorelle, pace e bene.
Il tempo di Avvento, che comincia domenica 1 dicembre, assume quest’anno un significato del tutto particolare, in quanto è la preparazione immediata al Giubileo Ordinario dell’anno 2025, che inizierà il prossimo 24 dicembre, con l’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano.
Pertanto, ho creduto opportuno offrire alla nostra Azione Cattolica diocesana una riflessione incentrata sull’invito rivolto da papa Francesco con la Bolla di indizione del Giubileo a farsi pellegrini di speranza. La riflessione ripropone in sostanza la relazione che ho tenuto nella giornata di spiritualità e di fraternità vissuta a Marcellina dagli adulti il 24 novembre.
L’invito di papa Francesco ci introduce nella spiritualità dell’Avvento e ci predispone a sviluppare l’atteggiamento della vigilanza orante, gioiosa e operosa nell’attesa del Signore Gesù che viene a salvarci. L’orazione colletta della prima domenica di Avvento (anno C) ci fa pregare così: «Padre santo, che mantieni nei secoli le tue promesse, rialza il capo dell’umanità oppressa dal male e apri i nostri cuori alla speranza, perché attendiamo vigilanti la venuta gloriosa di Cristo, giudice e salvatore».
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«La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito che ci è stato dato» (Rm 5,5). È da questo testo paolino che Papa Francesco ha desunto il titolo della Bolla con cui ha indetto il Giubileo del 2025. Il documento si apre con queste parole: «“Spes non confundit”, “la speranza non delude” (Rm 5,5). Nel segno della speranza l’apostolo Paolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma. La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari. Per tutti, possa essere un momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, “porta” di salvezza (cfr. Gv 10,7.9); con Lui, che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti quale “nostra speranza” (1Tm 1,1)» (n.1).
1. Pellegrini di speranza. Cosa comporta questa denominazione? Quale atteggiamento interiore, quale stile di vita, quali scelte operative ci suggerisce?
«Pellegrini». Il sostantivo al plurale ci ricorda, innanzitutto, che siamo in cammino non ognuno per conto proprio, ma tutti insieme, come Chiesa, come Popolo di Dio «radunato nell’unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Lumen gentium, n. 4). Insieme, in comunione, fratelli e sorelle nella fede e a motivo della fede nel Signore Gesù Cristo. Uniti e motivati dalla medesima vocazione e dalla medesima missione, come Azione Cattolica. «L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici che si impegnano liberamente, in forma comunitaria e organica e in diretta collaborazione con la gerarchia, per la realizzazione del fine generale apostolico della Chiesa» (Statuto, art. 1).
«Così è la Chiesa sinodale, fatta di legami che uniscono nella comunione e di spazi per la varietà di ogni popolo e di ogni cultura». Questa affermazione si trova nel messaggio finale della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 2 al 27 ottobre 2024. Il documento si intitola: “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. La frase è contenuta nella parte IV: “Una pesca abbondante” e, precisamente, nel paragrafo concernente “la conversione dei legami”. Il paragrafo è introdotto dal riferimento al miracolo della pesca sovrabbondante compiuto da Gesù risorto (Gv 21, 1-14), poi si dice:
«Le reti gettate sulla parola del Risorto hanno consentito una pesca abbondante. Tutti collaborano nel trascinare la rete, Pietro ha un ruolo particolare. Nel Vangelo la pesca è un’azione svolta insieme: ognuno ha un compito preciso, diverso ma coordinato con quello degli altri. Così è la Chiesa sinodale, fatta di legami che uniscono nella comunione e di spazi per la varietà di ogni popolo e di ogni cultura. In un tempo in cui cambia l’esperienza dei luoghi in cui la Chiesa è radicata e pellegrina, occorre coltivare in forme nuove lo scambio dei doni e l’intreccio dei legami che ci uniscono, sostenuti dal ministero dei Vescovi in comunione tra loro e con il Vescovo di Roma» (n. 109).
Pellegrini di e per una Chiesa battesimale, sinodale e missionaria, camminiamo per le strade, spesso tortuose, della storia del mondo contemporaneo, lacerata da troppe vicende drammatiche, che fanno perdere o spengono in tanti cuori qualsiasi anelito di speranza. Noi, però, dobbiamo camminare, e camminare speditamente, «tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,2).
2. L’attribuzione della speranza al sostantivo pellegrini ha molto da dirci e da insegnarci. I significati sono sostanzialmente tre: pellegrini ancorati alla speranza; maestri e profeti di speranza; portatori e testimoni di speranza.
Ancoràti alla speranza. L’àncora è il simbolo annesso al logo del Giubileo. Il simbolo evoca fermezza, solidità, stabilità, sicurezza, ed è desunto dalla lettera agli Ebrei. L’autore fa questa esortazione: «Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso» (Eb 10,23). Più avanti invita a confidare nella fedeltà di Dio: «noi, che abbiamo cercato rifugio in lui, abbiamo un forte incoraggiamento ad afferrarci saldamente alla speranza che ci è proposta. In essa infatti abbiamo come un’àncora sicura e salda per la nostra vita» (Eb 6,18-19). Come ho appena accennato, la speranza ha a che fare con la fermezza. Paolo scrive così ai cristiani di Tessalonica: «tengo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo» (1Ts 1,3).
Maestri e profeti di speranza. Per essere maestri, bisogna mettersi continuamente alla scuola della fede. I contenuti e le ragioni della speranza sono radicati nella fede e vengono proposti dalla verità rivelata conosciuta e attinta grazie alla fede, riassunta nel “Credo” che proclamiamo durante le celebrazioni liturgiche. Ci lasciamo interrogare, allora, da una domanda posta da Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi: «la fede cristiana è anche per noi oggi una speranza che trasforma e sorregge la nostra vita? È essa per noi “performativa” – un messaggio che plasma in modo nuovo la vita stessa, o è ormai soltanto “informazione” che, nel frattempo, abbiamo accantonata e che ci sembra superata da informazioni più recenti?» (n. 10).
Profeti di speranza. Lo Spirito Santo dona la capacità di comprendere la fede, di aderirvi, di annunciarla e di discernere, grazie soprattutto ai carismi della sapienza, dell’intelletto e della scienza e in comunione con i Pastori, ciò che si deve pensare, dire e fare secondo la verità rivelata trasmessa dalla Chiesa, operando una lettura “credente” della storia. Papa Francesco ci esorta a scoprire la speranza “nascosta” nei segni dei tempi. «Oltre ad attingere la speranza nella grazia di Dio, siamo chiamati a riscoprirla anche nei segni dei tempi che il Signore ci offre. Come afferma il Concilio Vaticano II, “è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sulle loro relazioni reciproche” (Gaudium et spes, n. 4). È necessario, quindi, porre attenzione al tanto bene che è presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenerci sopraffatti dal male e dalla violenza. Ma i segni dei tempi, che racchiudono l’anelito del cuore umano, bisognoso della presenza salvifica di Dio, chiedono di essere trasformati in segni di speranza» (Spes non confundit, n. 7).
«I segni dei tempi chiedono di essere trasformati in segni di speranza». Compito arduo, ma non impossibile. Noi cristiani siamo chiamati ad essere, nel mondo e per il mondo, portatori e testimoni di speranza. L’apostolo Pietro esorta ad affrontare con coraggio le difficoltà, l’ostilità e le prove sofferte a causa della fede, facendosi testimoni della speranza: «E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3,13-15).
Ci vogliono convinzione, entusiasmo, coraggio, fortezza. Ascoltiamo ancora l’insegnamento dell’apostolo Paolo: «Giustificati dunque per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo,saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, 4la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,1-5).
3. Abbiamo ragioni sufficienti per essere certi che la speranza non delude.
Il nostro cuore è stato riempito e viene riempito continuamente dall’amore di Dio, grazie al dono e all’azione dello Spirito Santo, per la mediazione del Signore nostro e Salvatore Gesù Cristo. Oltre all’amore/carità, lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori la fede e la speranza. «Le virtù teologali fondano, animano e caratterizzano l’agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell’anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna. Sono il pegno della presenza e dell’azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell’essere umano» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1813).
È consolante sapere che la carità «tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor13,7). Frase stupenda dell’inno paolino alla carità, che mette insieme le tre virtù teologali insegnando che è la carità a farci abbracciare, accogliere e sostenere tutto ciò che la fede e la speranza insegnano e comportano.
Alla luce di queste ultime considerazioni, possiamo apprezzare come si deve il richiamo allo Spirito Santo contenuto nella lettera che il nostro vescovo Mauro ha indirizzato alla Chiesa di Tivoli e di Palestrina per l’anno pastorale 2024-2025: All’improvviso dal cielo (At 2,2). I testi biblici di riferimento sono quelli sullo Spirito Santo riportati nel libro degli Atti (At 1,8.12-14; 2,1-13). «Agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo» (At 1,1) Gesù Risorto aveva dato, tra l’altro, queste disposizioni: «riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8).
La Chiesa, noi, riceviamo continuamente «forza dallo Spirito Santo» per essere testimoni di Gesù Cristo, «nostra speranza» (1Tm 1,1). Dobbiamo lasciarci invadere, afferrare, guidare e rinnovare dallo Spirito Santo, in modo da poter coltivare, come ci esorta a fare il nostro Vescovo, «la spiritualità in vista della comunione come segno di speranza per la nostra Chiesa e la storia del nostro tempo» (pag. 14).
Concludo con l’esortazione che Giovanni Paolo II aveva rivolto, alle soglie del grande Giubileo del 2000, a conclusione della lettera intitolata Il pellegrinaggio ai luoghi legati alla storia della salvezza;
«Tutti dovremo comunque compiere quel viaggio interiore che ha per scopo di staccarci da ciò che, in noi e intorno a noi, è contrario alla legge di Dio, per metterci in grado di incontrare pienamente il Cristo, confessando la nostra fede in Lui e ricevendo l’abbondanza della sua misericordia.
Nel Vangelo Gesù ci appare sempre in cammino. Sembra che Egli abbia fretta di muoversi da un luogo all’altro per annunciare la vicinanza del Regno di Dio. Annuncia e chiama. Il suo “seguimi” raccolse la pronta adesione degli Apostoli (cfr Mc 1, 16-20). Sentiamoci tutti raggiunti dalla sua voce, dal suo invito, dal suo appello a una vita nuova.
Lo dico soprattutto ai giovani, davanti ai quali la vita si apre come un cammino ricco di sorprese e di promesse.
Lo dico a tutti: mettiamoci sulle orme di Cristo!».
P. Vincenzo Battaglia
Assistente unitario e del settore Adulti
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